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lunedì 25 marzo 2013

Il Comitato Acqua e Beni Comuni Chieti replica all’assessore Mario Colantonio: l’unico vero “atto dovuto” è difendere i cittadini


L’amministrazione si nasconde dietro l’obbligo del rispetto delle leggi dimenticando di aver capeggiato, pochi mesi fa, la protesta contro la norma nazionale che cancellava la Provincia
L’assessore ai lavori pubblici Mario Colantonio, “a nome dell’amministrazione comunale”, risponde alla nostra esortazione a difendere i cittadini dal prevedibile imminente salasso sulle bollette dell’acqua nel caso venga messa in atto la cessione della rete acquedottistica. L’assessore afferma che “non può esistere improvvisazione e tantomeno innalzamento di barricate da parte di qualsivoglia Amministrazione nei confronti del rispetto delle leggi”. Una frase che tuttavia suona decisamente strana ricordando che appena qualche mese fa l’amministrazione, nel cui nome Colantonio parla, le barricate le ha innalzate eccome contro una legge dello Stato in base alla quale si voleva abolire la provincia di Chieti. Allora si esaminò la normativa, se ne contestarono le modifiche e l’interpretazione e si scese addirittura in piazza in difesa di un interesse leso. Ci spieghi l’assessore, anzi lo spieghi ai cittadini che lo hanno votato e che tra un paio di anni saranno di nuovo chiamati a scegliere i loro amministratori, perché non si può contestare una normativa regionale che già altri contestano e che comunque, se pedissequamente osservata, porterebbe al peggioramento del servizio e a bollette più elevate.
La legge 9/2011 cui l’assessore fa riferimento, composta da un unico articolo con 33 commi, è stata approvata in gran fretta prima dei referendum sull’acqua ed è a nostro avviso inadeguata e andrebbe sostituita da una normativa davvero attenta alle esigenze degli utenti. Al di là comunque delle valutazioni di merito, sulle quali ognuno è legittimato ad avere le proprie opinioni, la legge 9/2011 è sino ad oggi largamente disattesa per le parti che più interessano al contribuente. Ad esempio il comma 28 prevede il divieto della costituzione e della permanenza delle cosiddette “società di patrimonio”, società che, con consigli di amministrazioni e presidenti pagati con denaro pubblico, non hanno altro compito che quello di affittare le reti a chi poi le gestirà. Ebbene prima del 2011 in Abruzzo resistevano ancora due di queste inutilissime società e due ce ne sono tuttora! Ma non solo: la legge regionale prevede anche, al comma 8, che l’ERSI (Ente regionale per il servizio idrico integrato), creato in sostituzione dei precedenti 6 ATO (Ambiti territoriali ottimali) operi una “valutazione ed analisi comparativa delle gestioni”: ebbene appare ovvio a chiunque, salvo evidentemente a chi gestisce l’acqua in Abruzzo e a qualche amministratore, che è la gestione migliore (nel caso specifico quella di Chieti) a dover essere imitata e non il contrario.
Ci permettiamo di ricordare all’assessore che lo stesso sindaco, in campagna elettorale, si era impegnato con gli elettori ad una diversa attenzione alla questione acqua e che circa 1200 cittadini, attraverso il WWF, il 1 luglio 2010 hanno presentato una petizione per inserire nello Statuto comunale il concetto di acqua bene comune privo di valenza economica. Questa richiesta – nonostante i tempi contingentati previsti dallo stesso Statuto comunale – non sono stati sino a oggi neppure discussi. Evidentemente si dovrà prendere atto che al Comune di Chieti il rispetto delle regole ha un peso diverso nelle varie circostanze.
Di fronte alla richiesta di cessione delle reti sarebbe necessaria una risposta politica prima che tecnica, con la sacrosanta pretesa che cambi profondamente la gestione dell’acqua, attualmente affidata in Abruzzo a inefficienti carrozzoni, e che le scelte di Chieti vengano usate come modello e non cancellate perché non consentono i profitti (dopo il referendum vietati in Italia) e gli sprechi che altrove alimentano ed hanno alimentato il cosiddetto trasversale partito dell’acqua.
La verità è che l’unico “atto dovuto” che deve davvero interessare un amministratore degno del suo ruolo è la difesa dei suoi amministrati. Il Comune di Chieti cedendo le reti all’ERSI condannerà i cittadini a un peggioramento del servizio e a costi almeno triplicati. Non è demagogia ma semplice constatazione dei fatti affermare che coloro che proporranno e approveranno un tale provvedimento in consiglio comunale dovranno assumersene tutte le responsabilità di fronte agli elettori.

Comitato ACQUA E BENI COMUNI CHIETI

venerdì 22 marzo 2013

Si celebra oggi il World Water Day istituito dalle Nazioni Unite

Il Comitato Acqua e Beni Comuni Chieti accusa: sull’acqua il sindaco non rispetta gli impegni
La ipotizzata cessione delle reti danneggerà gli utenti: servizi meno efficienti e costi quasi triplicati

Si celebra domani, 22 marzo, la giornata mondiale dell’acqua (World Water Day), ricorrenza istituita nel 1992 dalle Nazioni Unite che invitano gli Stati membri a dedicare questo giorno alla promozione di attività concrete all’interno dei loro Paesi. La giornata servirà anche a rilanciare la raccolta firme per l'ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei) finalizzata ad ottenere il riconoscimento del diritto umano all’acqua all’interno della Comunità Europea. In molte piazze saranno attivati banchetti, e materiale sulla campagna ICE è reperibile anche sul web http://www.acquapubblica.eu/materiali.
Questo appuntamento arriva a Chieti in un momento particolarmente delicato, con l’amministrazione intenzionata e piegarsi alla richiesta dell’eterno commissario regionale del servizio idrico Caputi, cedendo all’Ersi la titolarità delle reti acquedottistiche. Il Comune di Chieti ha, a differenza del carrozzone ACA, una gestione virtuosa dell’acqua con un servizio discretamente efficiente (grazie anche alla buona volontà e alla dedizione di un eccezionale gruppo di fontanieri) e con costi notevolmente più bassi rispetto alle medie regionali. La cessione delle reti senza una profonda riforma in senso democratico del servizio idrico va assolutamente evitata. I cittadini di Chieti non devono contribuire a ripianare i danni creati da anni di malagestione. C’è una proposta di legge regionale elaborata dai Comitati attraverso una ampissima consultazione dei cittadini: dev’essere questa la base per ricostruire un servizio efficiente, sano e senza costi aggiuntivi per gli utenti.
Aggiungiamo che nei giorni scorsi il sindaco di Chieti ha ricordato gli impegni presi il 10 marzo 2010, durante la campagna elettorale che avrebbe poi portato alla sua elezioni, con la Consulta Comunale delle Associazioni, e si è vantato di averli in gran parte rispettati. Il Comitato ABC Chieti gli ricorda tuttavia che ne manca uno particolarmente importante: in quella stessa riunione, davanti a centinaia di cittadini, l’allora candidato Umberto Di Primio, su precisa domanda del WWF, facendo seguito a una mozione votata all’unanimità dal consiglio municipale a tutela dell’acqua come bene pubblico privo di rilevanza economica, si era impegnato a far inserire questo concetto come “funzione imprescindibile” nello Statuto comunale. Di Primio aveva anzi sottolineato di suo pugno le espressioni bene pubblico e privo di rilevanza economica. Sono trascorsi tre anni e questo impegno è tuttora disatteso. Sono state anzi pure sin qui ignorate le oltre 1200 firme di cittadini raccolte dal WWF a sostegno di una petizione in tal senso consegnata al sindaco e al presidente del Consiglio comunale il 1 luglio 2010. Il World Water Day potrebbe rappresentare l’occasione giusta per attivare il processo virtuoso necessario per arrivare alla modifica dello Statuto comunale in linea con la saggia politica sull’acqua sino a ora (e speriamo anche in futuro) perseguita a Chieti e attualmente minacciata da una gestione regionale capace di creare solo carrozzoni che hanno sperperato milioni di denaro pubblico peggiorando complessivamente i servizi e aumentandone i costi per gli utenti e per la collettività.
Il portavoce
Luciano Di Tizio